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Mattone iscritto di Nabucodonosor II, re di Babilonia (MAT 791)
Il mattone iscritto conservato al Museo di Antichità di Torino è una preziosa testimonianza del potere e della magnificenza di Nabucodonosor II, uno dei più celebri sovrani dell’antico Medio Oriente.
L’iscrizione in caratteri cuneiformi, impressa a stampo, riporta il nome del re e cita due importanti templi: l’Esagila di Babilonia, dedicato al dio Marduk, e l’Ezida di Borsippa, consacrato al dio Nabu.
Il testo celebra l’impegno del sovrano nel garantire il mantenimento e la ricostruzione di questi luoghi sacri.
Questo mattone rientra in una delle “iscrizioni standard” di Nabucodonosor II, diffuse in tutto l’impero per celebrare le opere religiose e architettoniche promosse dal re. L’esemplare torinese, originariamente di circa 33 x 33 cm, è stato ritagliato per mettere in risalto l’iscrizione cuneiforme.
Nabucodonosor II regnò dal 604 al 562 a.C., guidando l’Impero neobabilonese nel suo periodo di massimo splendore. Devoto al dio Nabu – il cui nome ricorre anche nel suo, Nabû-kudurri-uṣur, “O Nabu, proteggi il mio primogenito” – il sovrano fu al tempo stesso un grande stratega militare e un ambizioso costruttore. Le sue conquiste si estesero dal Libano e dalla Palestina fino ai monti Tauro e Zagros; tra le sue imprese più note si ricordano la battaglia di Karkemish (605 a.C.), la conquista di Gerusalemme (586 a.C.) e il lungo assedio di Tiro, durato quindici anni.
Grazie alle ricchezze accumulate con le guerre e alle deportazioni delle popolazioni conquistate, Nabucodonosor trasformò Babilonia in una metropoli grandiosa di circa 500 ettari e fino a 100.000 abitanti. Fece erigere imponenti mura difensive, ampliò il palazzo reale e promosse opere di grande impatto simbolico, come la costruzione della ziqqurat dedicata a Marduk – identificata con la leggendaria Torre di Babele – e i celebri Giardini Pensili, considerati una delle Sette Meraviglie del mondo antico.
Il regno di Nabucodonosor II segnò l’apice della potenza e dello splendore di Babilonia. Questo mattone ne è oggi una testimonianza tangibile, capace di evocare la forza, la devozione e la visione di uno dei più grandi sovrani della Mesopotamia. -
Mattone iscritto di Sennacherib, re d'Assiria (MAT 789)
Tra i reperti conservati presso il Museo di Antichità di Torino, spicca un mattone d'argilla iscritto che documenta un momento straordinario della storia dell’antica Mesopotamia: la costruzione del "Palazzo senza rivali" nell’antica città di Ninive (oggi Mosul) per volere del re assiro Sennacherib.
Sennacherib, successore di Sargon II, regnò dal 705 al 630 a.C. Fin da subito, egli mostrò la volontà di distaccarsi dalla memoria paterna, probabilmente a causa delle disgrazie che avevano colpito Sargon. Una delle prime decisioni simboliche e politiche che prese fu infatti l’abbandono della capitale fondata dal padre, per trasferire il centro del potere a Ninive.
Ninive, destinata a diventare una delle più celebri capitali dell’impero assiro, è ricordata dalle fonti – in particolare quelle bibliche – come una città violenta e crudele. Eppure, sotto il regno di Sennacherib, divenne anche il cuore di un ambizioso progetto urbanistico e architettonico. Al centro di tale rinnovamento vi fu proprio la costruzione del nuovo palazzo reale, che il sovrano definì con orgoglio “Palazzo senza rivali”.
Le fonti storiche e archeologiche indicano che la realizzazione del complesso richiese circa dieci anni. Seguendo l’esempio del padre nella costruzione di Dūr-Kurigalzu, Sennacherib impiegò manodopera coatta composta da prigionieri e deportati di guerra. Inoltre, tutte le province dell’impero furono chiamate a contribuire, fornendo materiali pregiati e artigiani specializzati.
Il palazzo doveva superare in splendore ogni edificio precedente. Le sue decorazioni comprendevano metalli preziosi come oro, argento e bronzo; pietre raffinate come alabastro, corniola e breccia, provenienti dalle regioni periferiche dell’impero; avorio per le suppellettili e legni di varie essenze per ornare gli ambienti interni.
L’ambizione di Sennacherib, però, andava ben oltre la costruzione di un edificio sontuoso. Il sovrano si impegnò in un vasto programma di modernizzazione della città di Ninive, dotandola di imponenti infrastrutture: mura difensive che racchiudevano un’area di circa 750 ettari, nuove strade, sistemi di irrigazione e un articolato sistema di drenaggio delle acque. Quest’ultimo rappresenta uno degli esempi più avanzati dell’ingegneria idraulica assira: si tratta dell’acquedotto di Jerwan, il più antico acquedotto noto. -
Frammento di rilievo assiro con iscrizione cuneiforme
Frammento di un’iscrizione celebrativa proveniente dal palazzo reale di Sargon II a Dūr-Šarrukin (Khorsabad), databile ad un periodo compreso tra 717 e il 706 a.C., anni di costruzione della sua capitale.
Si conservano in parte sei linee di testo, mentre nella parte sommitale si vedono il resto del fregio decorativo soprastante. Secondo le copie di Botta del 1849, la lastra sarebbe la quindicesima della sala X del palazzo e in origine aveva 12 linee di testo, recanti gli Annali del sovrano, che celebra qui la fondazione della sua capitale. Il testo conservato nel frammento si riferisce a pesci, uccelli, vino di palma e miele, assieme ad altri alimenti (non presenti) che il sovrano dona al dio Assur per i festeggiamenti.
Il frammento giunse a Torino grazie alla donazione Tecco, presumibilmente tra il 1861 e il 1867. -
Rilievo del re Sargon II d’Assiria
Frammento di grande ortostato rinvenuto nel palazzo reale di Dūr-Šarrukin (Khorsabad) e realizzato tra il 717 e il 706 a.C., anni di costruzione della capitale di Sargon II.
Il frammento è scolpito a rilievo e fu riprofilato sui quattro lati in epoca moderna; ugualmente anche la parte superiore della spalla, del petto e della tiara che furono levigati. Il rimaneggiamento del rilievo mirò a facilitare il suo trasporto a Torino nel 1847, grazie alla donazione Botta.
Il sovrano ha una lunga barba organizzata in ciocche attorcigliate e terminanti in boccoli, così come i ricci dei capelli in corrispondenza della nuca. Indossa un grande orecchino cruciforme e una tiara, al di sotto della quale, in corrispondenza della fronte, si intravedono ciocche di capelli. Il copricapo interagisce, nella sua parte sommitale, con una banda aggettante orizzontale, suggerendo il posizionamento del rilievo su una facciata di corte o sala di rappresentanza. Si tratta una delle poche raffigurazioni del sovrano con tiara sopravvissute ad oggi. Verosimilmente la figura del re è ritratta in un contesto cerimoniale, mentre riceve gli omaggi dei dignitari. -
Frammento di iscrizione da toro alato
Frammento della parte superiore destra di una delle quattro lastre iscritte poste tra le gambe dei grandi tori alati, posizionati presso ogni porta del palazzo. L’iscrizione di tre righe sopravvive solo nella parte finale delle righe 9-11 e data al periodo compreso tra 717 e il 706 a.C., anni di costruzione della capitale del sovrano. I lati del frammento furono finemente tagliati in epoca moderna, per facilitarne il trasporto e la vendita nel mercato antiquario, assieme a molti altri esempi di iscrizioni.
Questo frammento arrivò a Torino grazie alla donazione dell’avvocato Guadagnini nel 1856; tuttavia rimane attualmente poco chiara la circostanza precisa grazie alla quale l’avvocato entrò in possesso di tali materiali: non vi è corrispondenza, infatti, con le iscrizioni palatine copiate da Botta nel 1849.